1.3 Sparta

Se si considera quanto è stato scritto su Sparta nell’antichità, il quadro è sorprendentemente contraddittorio, confuso e incompleto. In parte è così perché il miraggio interseca continuamente la realtà, deformandola e spesso nascondendola del tutto; in parte perché gli spartani erano taciturni. C’era stato un tempo, nel periodo arcaico, in cui Sparta aveva avuto una funzione dirigente nello sviluppo delle linee principaòi della civiltà greca: nella poesia, come sappiamo dai frammenti che ci restano; nella musica, stando a tradizioni antiche attendibili; e anche nella navigazione e in alcune istituzioni tipiche della città-stato. Ma dopo il 600 ci fu una interruzione repentina. Da allora in poi neppure un cittadino spartano è ricordato per qualche attività culturale. La famosa “parlata laconica”, indicava che essi non avevano niente da dire.

Per numero di abitanti Sparta non si poteva annoverare tra gli Stati più grandi. Infatti, la formazione più numerosa che schierò in battaglia, fu quella dei 5 mila di Platea nel 479. Poi Sparta declinò costantemente e alla meta del IV secolo non era più in grado di schierare mille uomini, sebbene il territorio sotto il suo controllo poteva mantenere 1500 cavalieri e 10 mila fanti. Sparta aveva conquistato i territori della Laconia e della Messenia, assai fertili e che le davano l’accesso al mare, oltre che quella inestimabile risorsa naturale che era il ferro, adeguata controparte dell’argento ateniese. Questi territori non sostentavano una popolazione libera, ma genti soggiogate di due tipi, gli iloti e i perieci. Gli iloti erano in uno stato di assoluta schiavitù e prestavano lavoro coatto sulle terre degli Spartani. Il loro numero superava certamente di molte volte quello degli Spartani. I perieci conservavano la libertà personale e la loro organizzazione in comunità, in cambio della rinuncia, a favore di Sparta, ad ogni diritto di azione nei settori militare e della politica estera. Con queste limitazioni le comunità dei perieci erano poleis incompiute. Senza dubbio la rassegnazione era un atteggiamento prudente, ma non mancavano anche altre considerazioni: la pace, la protezione e il vantaggio economico. I perieci curavano il commercio e la produzione industriale per i bisogni spartani, e che mantenevano la ceramica laconica ad un livello talvolta alto, di qualità artigianale e artistica. Del tutto diversa era la condizione degli iloti. Nei tempi antichi, era pratica ordinaria, quando una città veniva asservita, di vendere gli abitanti come schiavi e di disperderli. Gli Spartani invece, avevano adottato la pericolosa alternativa di tenere i vinti soggiogati in patria, nei loro territori nativi. Mentre la storia greca fu, quasi sempre, esente da rivolte di schiavi, anche dove si avevano grandi concentrazioni come nelle miniere d’argento dell’attica, le rivolte degli iloti covavano sempre sotto la cenere, scoppiando di tanto in tanto con grande violenza. Ciò che teneva gli iloti asserviti e impediva anche rivolte più frequenti, era l’ordinamento di Sparta come un campo militare. Subito dopo la metà del VII secolo, gli iloti della Messenia si ribellarono a Sparta, e questo conflitto durò non meno di diciassette anni. Alla fine i Messeni furono debellati, ma la lezione fu tradotta in una profonda riforma sociale e costituzionale che creò il sistema spartano nella sua forma definitiva. Da allora in poi, i cittadini di Sparta costituirono una milizia professionale, addestrata al valore militare e all’obbedienza assoluta, libera (o meglio esclusa) da ogni altra attività personale, che viveva una vita di caserma, sempre pronta a schierarsi contro tutti i nemici, iloti o stranieri. Ai bisogni di sussistenza della milizia provvedevano gli iloti e i perieci mentre l’addestramento era curato dallo Stato. L’obbedienza ferrea era assicurata dall’istruzione e dalle leggi che impedivano le disuguaglianze economiche e qualsiasi forma di occupazione lucrativa. Il sistema spartano era chiuso contro qualsiasi influenza esterna, contro gli stranieri e contro le merci importate. Insomma, Sparta era protezionista e xenofoba.

La struttura del governo, per il suo carattere misto, pareva assicurare un equilibrio tra l’elemento monarchico, l’aristocratico e il democratico. I due re ereditari comandavano gli eserciti in campo, ed erano membri del consiglio degli anziani; gli altri, in numero di 28 erano eletti a vita fra i cittadini sopra i 60 anni. L’assemblea era aperta a tutti ma non poteva prendere iniziative né modificare le proposte che le venivano presentate; poteva soltanto approvarle o respingerle. I magistrati più potenti erano i cinque efori, eletti annualmente da tutti i cittadini, essi esercitavano una supervisione sugli affari dello Stato e avevano importanti funzioni giudiziarie. La disciplina e il valor militare degli Spartani, elevarono Sparta al ruolo di grande potenza, superiore a quello che le sue dimensioni le avrebbero altrimenti consentito.

Nel VI secolo Sparta diventò la massima potenza militare greca sulla terraferma, mentre i suoi alleati le fornivano anche aiuti navali che restarono adeguati fino a quando fu creata l’onnipotente flotta ateniese.

Resta però il fatto che dopo le guerre persiane, la storia di Sparta diventa una storia di decadenza, nonostante la vittoria di coalizione, con l’aiuto dell’oro persiano, riportata su Atene nel 404. La sua società xenofoba si riduceva continuamente di numero, perché essa si rifiutava ostinatamente di reclutare nuovi cittadini, preferendo armare iloti affrancati, rifiuti sociali di ogni genere e anche mercenari. La guerra del Peloponneso esercitò una pressione insostenibile sulla direzione politica: il sistema spartano non aveva previsto campagne militari continue con eserciti numerosi, e alcuni dei nuovi generali, per esempio Lisandro che riportò la vittoria finale, mostrarono di non avere altre qualità oltre a una spietata competenza militare, unita spesso ad una smodata ambizione personale. La ristrettezza di vedute e la scarsa flessibilità mentale, in materia politica e sociale, provocarono i peggiori danni in tempi di successi. I re e i generali erano spesso in lite, tra loro e con gli efori, ed è lecito sospettare che le discordie non avessero per oggetto solo la tattica e la politica. Il sistema della proprietà fondiaria crollò, anche se non sappiamo esattamente in che modo. Erano sempre più numerosi gli Spartani che perdevano i loro appezzamenti di terra, avuti in concessione dallo Stato e lavorati dagli iloti, e insieme alla terra essi perdevano la loro condizione di Spartiati a pieni diritti. Erodono fa risalire all’inizio del V secolo il diffuso accesso alla corruzione degli Spartani, con i re che intascavano le somme più alte.

Poi venne nel 371, la sconfitta ad opera di Tebe, e se anche Sparta continuava ad avere il suo peso nella politica greca, la sua potenza ormai era solo un ricordo. Essa era il modello di una società chiusa, ammirata soprattutto da chi rifiutava una società aperta con le sue tendenze politiche di parte, con la sua accettazione del demos come forza politica, con la sua frequente mancanza di disciplina, con il suo riconoscimento della dignità e delle esigenze dell’individuo. Pur in anticipo sulla storia, Sparta potrebbe essere definita oggi conservatrice, mentre Atene potremmo definirla progressista.