3.2 Sibari

Sibari fu la più antica e famosa colonia peloponnesiaca della Magna Grecia. Strabone dice che Sibari fu fondata dagli Achei tra il fiume Crati e il fiume Sibari (oggi chiamato Coscile), e che suo ecista (capo della spedizione coloniale) fu un certo Is di Elice.  Sulla fondazione di Sibari abbiamo scarse notizie ma che la città fosse di origini achee è confermato da varie parti. In un passo di Tito Livio si afferma che i Turi, che Livio considera evidentemente i successori dei Sibariti, erano parenti dei Metapontini e come essi erano originari dell’Acaia. Ai vincoli di sangue che univano Metapontini e Crotoniati ai Sibariti, si allude anche nel racconto che Giustino fa della distruzione di Siri. I fondatori di Sibari erano dunque considerati originari di quella regione del Peloponneso che si affacciava sul golfo di Corinto e che fino all’età classica conservò il vecchio nome di Acaia.  Secondo Strabone Elice era la patria dell’ecista Is, il nome del quale, forse, non ci è stato tramandato correttamente. Secondo Strabone, una fonte che sgorgava nei pressi di Bura in Acaia, si chiamava appunto Sibari, aveva cioè lo stesso nome che ebbero la città italiota e uno dei suoi due fiumi, quello che fu chiamato Sibari e che oggi si chiama Coscile; e l’altro fiume, il Crati (Crathis), doveva il suo nome ad un fiume che scorreva nei pressi di Ege in Acaia, e che era chiamato così perché le sue acque si mescolavano a quelle di due affluenti.

Ma gli Achei non furono i soli a colonizzare Sibari, come risulta da un passo di Aristotele, di cui non si ha ragione di dubitare. Gli Achei, secondo Aristotele, convissero a Sibari con i Trezeni, ma poi approfittarono della propria superiorità numerica per scacciarli. Questo misfatto i Sibariti dovettero espiarlo. I Trezeni di Sibari furono costretti ad andare a fondare una nuova città, Posidonia. Diodoro ci informa che Sibari divenne la più grande città d’Italia perché concedeva facilmente la cittadinanza ai forestieri. Non è nemmeno da escludere che i Sibariti abbiano ammesso nella loro città un certo numero di indigeni della zona, dopo averli ellenizzati. Eusebio colloca la fondazione di Sibari verso il 709 a.C. La città avrebbe avuto circa 210 anni di vita florida, per poi essere distrutta nel 510 a.C. Sibari, si racconta, fu costruita tra il fiume Crati e il fiume Sibari (oggi Coscile), che anticamente avevano due foci distinte e che i loro corsi furono fusi quando i Crotoniati deviarono le acque del Crati sulle rovine della città distrutta. Sibari non aveva un porto poiché tutta la costa è orlata da una fascia di bassi fondali sabbiosi. Tuttavia, la foce dei due fiumi, il cui regime era più regolare di quello di oggi, doveva essere accessibile alle navi antiche. Per contro, l’immensa pianura che i Sibariti dominavano dalla loro città, che vi sorgeva proprio nel mezzo, era di una fertilità celebrata da tutti gli autori antichi. Nella pianura si coltivava il grano mentre sulle pendici montane si coltivava la vite e l’ulivo. E a ciò si aggiungeva il legname e la pece delle grandi foreste che un tempo coprivano, e in buona parte coprono ancor oggi, l’altopiano della Sila. Anche il sottosuolo, ricco di miniere di argento, fu determinante ad arricchire la città.