1.9 La Prosa

La produzione in prosa era essenzialmente di natura tecnica: filosofia, legge e politica, scienza e tecnica. Solo la storia ha un posto a parte come più tardi l’oratoria. Per lungo tempo, l’interesse dei Greci verso il passato era soddisfatto dal repertorio di miti e leggende nella cui autenticità si credeva; persino uno scettico come il filosofo Senofane, che confutava la morale insegnata dai miti e il loro contenuto soprannaturale, non dubitò mai dell’esistenza di Agamennone, re di Micene, o di Edipo di Tebe, greci come loro che erano vissuti in una vaga epoca passata, in cui avevano regnato, combattuto e procreato. L’interesse non era storico nel senso che si indagasse sui fatti di Troia o su altri avvenimenti o periodi. La coscienza e l’orgoglio ellenico o regionale, la sanzione comminata del potere, il significato delle pratiche rituali, la solidarietà comunale: ecco quello che si cercava di garantire o confortare ricorrendo al passato, e a questi fini servivano ottimamente i racconti della tradizione, eventualmente riveduti quando ciò era richiesto da nuovi sviluppi storici, da mutamenti politici e sociali; e tutto era anche agevolato dalla inevitabile imprecisione nella trasmissione orale.

Verso la fine del VI secolo, in Asia Minore, i Greci erano soggetti alla sovranità di monarchie barbare, prima la Lidia e poi la Persia, e naturalmente questi popoli alimentarono in essi una curiosità che non poteva più essere appagata dai miti greci. Per soddisfare questa curiosità, apparvero scritti di numerosi scrittori, i cosiddetti logografi, che fornivano ogni sorta di informazione, e come accade spesso, anche di disinformazione, ragguagli geografici, descrizioni di costumi sociali e religiosi e anche, sebbene in modo frammentario, notizie storiche. Niente di simile era mai accaduto prima, né tra i Greci né tra le nazioni da essi conosciute, rompendo in tal modo l’etnocentrismo e compiendo una censura distruttive delle proprie tradizioni. Ecateo di Mileto, che ebbe una parte direttiva nella rivolta della Ionia contro la Persia, scrisse:”Io scrivo queste cose come a me sembra siano vere. Infatti i discorsi che i Greci raccontano sono molti e a mio giudizio ridicoli”. Qui Ecateo parlava della storia dei Greci, non di quella dei barbari, e queste sue affermazioni rappresentano il primo tentativo di passare dal mito alla ricerca storica.

Poi fu compiuto un grande passo avanti con Erodono di Alicarnasso, nativo dell’Asia Minore, che allargò gli orizzonti della logografia, includendovi gli Sciti e gli Egiziani, oltre che i Lidi e i Persiani, cercando di controllare la massa delle notizie accumulate, alcune delle quali si trovavano in testi scritti, compiendo indagini personali sul posto, visititando i luoghi considerati, sottoponendo ad analisi razionale le informazioni raccolte, usando gli annali dei re Assiri, Persiani ed Egiziani per arrivare a stabilire una cronologia esatta, almeno per gli ultimi centocinquat’anni. Era l’inizio del metodo scientifico nella ricerca storiografica. Ma Erodono ando anche più avanti. Esule politico da Alicarnasso, visse a Samo e poi ade Atene. Fu allora che, sotto l’influsso dell’Atene di Pericle nel suo periodo di maggior splendore, egli prese la decisione di scrivere la storia delle guerre persiane. L’audacia di questa impresa è veramente stupefacente. Era già trascorsa una generazione dalla fine delle guerre e non esisteva alcuna documentazione scritta. Eppure Erodoto si accinse a ricostruire la vicenda in tutti i particolari, attingendo alle memorie dei sopravvissuti e di uomini della generazione successiva che ricordavano i racconti ascoltati a suo tempo. Il libro che Erodono scrisse era alquanto complicato, e nella prima metà conservava molto dell’originario carattere logografico, seppure tutto venisse tenuto insieme dal grande tema centrale della lotta tra Greci e Persiani. Egli aveva, senza dubbio, meritato il titolo di “padre della storia”, essendo pure un grande artista. Eppure Erodoto, ebbe fin dall’inizio accoglienze contrastanti. Padre della storia, padre della menzogna: questa accusa non cessò mai nell’antichità, e anche oggi Erodono viene definito da qualcuno, a torto, un narratore di favole con uno stile affascinante e con una illimitata credulità.

Fu l’ateniese Tucidide a comprendere veramente dove Erodono volesse arrivare: a scoprire i motivi fondamentali della condotta umana mediante un’esposizione delle cause e dell’andamento di una grande guerra, non come facevano i poeti con la libertà della loro immaginazione, né come facevano i filosofi con i loro discorsi astratti sull’uomo e la società, ma concretamente, con esattezza e aderenza ai fatti, e con la dovuta attenzione per i nessi e le concatenazioni. E pensò di poter fare meglio, concentrandosi sulla precisione dei fatti, eliminando con severità assoluta il romanzesco dal racconto dei fatti, restringendo l’attenzione alla guerra e alla politica, ricercando più accuratamente le cause, escludendovi il soprannaturale, e riservando la scena tutta intera al suo unico soggetto, l’uomo. Tucidide scrisse la storia della guerra del Pelopponeso, alla quale aveva partecipato nelle prime fasi, e dedicò tutta la vita a quest’opera con mirabile determinazione. Le parti del libro che hanno un carattere più generale e, in un certo senso, più filosofico, sono quelle stilisticamente più brillanti. La narrazione vera e propria appare diseguale; tocca i punti più alti nel racconto della spedizione siciliana, ma spesso si perde in una tediosa successione di particolari privi d’importanza e di interesse. Lo stile è talvolta aspro, eppure la lettura di Tucidide è sempre un’esperienza memorabile, poiché egli non si contenta di descrivere e di narrare ma ricerca costantemente che cosa vi sia di permanente e universale nell’uomo e nella politica, convinto che la natura umana sia immutabile.

Dopo Erodono e Tucidide, la storiografia ebbe un costante declino e diventò o un pedestre reperimento di fatti o un veicolo per la propaganda politica o per richiami sentimentali. Il successo di uno scrittore dipese dalla retorica e dal pathos, dal suo valore di intrattenimento, piuttosto che dalla sua veridicità e intelligenza dei fatti.

Una menzione merita Diodoro Siculo, che compilò una storia universale dei primordi fino alle guerre galliche di Cesare, di cui era contemporaneo più giovane.

Intanto, nella cultura greca posteriore al V secolo, la storiografia aveva ceduto il passo all’oratoria che si era affermata come arte a sé stante. Nell’istruzione, Isocrate aveva trionfato su Platone, e la retorica fu elevata sopra la filosofia nel curriculum degli studi superiori che diventò caratteristico della Grecia ellenistica e romana. Il modo con cui un’idea era espressa diventò più importante dell’idea stessa.