2.3 La filosofia

Nel I sec. a.C. i Romani studiarono e approfondirono, in particolare, due dottrine filosofiche che si erano affermate dopo Aristotele e che erano preminentemente incentrate sui problemi morali e pratici: l’epicureismo e lo stoicismo. L’epicureismo – risalente al greco Epicuro (341-270 a.C.) -, che propone come unico fondamento della conoscenza la percezione sensibile, fu divulgato come una religione liberatrice da Tito Lucrezio Caro (96-55 a.C.) nel De rerum natura. Lo stoicismo, imperniato su un ideale di saggezza raggiungibile vivendo secondo natura, cioè con l’accettazione distaccata e rassegnata del destino, fu seguito da numerosi uomini politici, come Pompeo, Bruto, Catone.

Un altro protagonista della vita politica nell’ultima fase della repubblica fu Marco Tullio Cicerone (106-43 a.C.), che attinse allo stoicismo per approdare all’eclettismo, l’apertura verso ogni scuola di pensiero in grado di contribuire alla formazione dell’uomo secondo un ideale di equilibrio, misura, decoro, saggezza (l’humanitas). Nel I sec. dell’impero, ai tempi di Claudio e di Nerone, lo stoicismo e tutta la filosofia romana raggiunsero la loro espressione più elevata con Lucio Anneo Seneca, precettore, consigliere e infine vittima di Nerone, che nelle Epistole a Lucilio affermò alcuni valori morali fondamentali, con un’audacia di pensiero rara nel mondo antico (“Devi vivere per un altro se vuoi vivere per te”; “L’uomo è cosa sacra per l’uomo”).